LIBRERIA EMPORIUM Reggio Emilia  via Squadroni 3/B   2 – 17 maggio 2014

Cura esposizione  e testi Vincenzo Cavandoli

OCCHI CHE VIDERO

Sono la consapevolezza del limite e il desiderio del suo superamento a generare lo sguardo sull’infinito, è la siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude a far germogliare la poesia  leopardiana. Se è così, allora, anche  attraverso le risapute quinte del quotidiano che ci separano dall’universo, anche  da un piccolo osservatorio familiare,  si può  levare uno sguardo più ricco  di quello che si nutre dell’affannoso accumulo di esperienze e segnali raccattati nella rincorsa dell’esotica lontananza. Così Viglio Ferrari può permettersi di continuare la sua ricerca sul territorio reggiano con una diversa declinazione, con la sensibilità del provinciale che non ha bisogno di spostarsi per vedere il mondo. Una pigrizia creativa condivisa con  uno dei protagonisti degli scatti di questa mostra, quell’Ariosto che non amava viaggiare ma creava mondi fantastici dalla sua casetta, parva sed apta mihi. Ferrari concentra la sua attenzione sugli occhi,  sull’atto stesso del guardare, a volte senza che questi siano neppure inquadrati, tali sono la forza emozionale dell’immagine e la sua tensione intrinseca volta a quell’atto. E lo fa con la mediazione di un’altra forma artistica cui,  prima dell’era fotografica, ci si affidava per cogliere quello sguardo e fissarlo. Protagoniste della ricerca sono sculture cui passiamo quotidianamente accanto con disattenzione, capaci di svelare una stratificazione di sguardi che, nutriti di pensieri e umanità differenti, all’infinto possono alludere, per virtù propria o per più o meno casuali associazioni. Artisti, santi, divinità pagane, uomini, volti differenti di un  genius loci sempre più difficile da afferrare.  Occhi dalle morte stagioni che attraversano il tempo. Occhi che videro.

Nostalgia Minerale
Nostalgia Minerale

NOSTALGIA MINERALE

Statua del Panaro

Ponte di San Pellegrino, Reggio Emilia

La statua che rappresenta un fiume non vuole restituire un essere realmente esistito. La materia assume forma umana solo per una breve vita, quella che scorre fra l’opera dello scultore e l’inevitabile degrado a minerale informe operato dal tempo. Una vita non vissuta

Il Tempo Grande Scultore
Il Tempo Grande Scultore

IL TEMPO GRANDE SCULTORE

Statua della Secchia

Ponte di San Pellegrino, Reggio Emilia

“ Certe opere minori che non si è pensato di mettere al riparo in gallerie o padiglioni adatti, abbandonate lentamente ai piedi di un platano, sul bordo di una fontana, acquistano nel tempo la maestà o il languore di un albero o di una pianta … quella ninfa reclina somiglia al caprifoglio che l’abbraccia….”

Marguerite Yourcenar, Il Tempo, grande scultore

Il Buio Oltre la Scena
Il Buio Oltre la Scena

 IL BUIO OLTRE LA SCENA

Busto dell’attrice Maria Melato

Giardini Pubblici, Reggio Emilia

“ Così dovrete semplicemente conservare l’istante, senza per questo nascondere ciò che state facendo emergere. Date alla vostra recitazione quella progressione di una-cosa-dopo-l’altra quel modo di elaborare ciò che avete intrapreso. In tal modo mostrerete il flusso degli eventi e anche il corso del vostro lavoro, consentendo allo spettatore di sperimentare a molti livelli questo Ora, che arriva dal Prima e confluisce nel Dopo, mantenendo molto dell’Ora con sé. Egli siede non solo nel vostro teatro ma anche nel mondo.”   Bertold Brecht

Il Sol dell'Avvenire
Il Sol dell’Avvenire

IL SOL DELL’AVVENIRE

Monumento al Partigiano

Piazza Martiri del 7 luglio, Reggio Emilia

“ I loro occhi mi guardano; occhi limpidi di gente onesta, coraggiosa, di italiani che combattono con semplicità, come con semplicità lavorano sui campi o nelle industrie.”

Giovanni Pesce, Senza tregua. La guerra dei GAP

Interminati Spazi
Interminati Spazi

INTERMINATI SPAZI

Busto di Raffaello

Facciata Galleria Parmeggiani, Reggio Emilia

“… Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura.  E come  il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi, L’infinito

Volteggiando
Volteggiando

VOLTEGGIANDO

Statua di Ludovico Ariosto

Giardini Pubblici, Reggio Emilia

“Chi vuole andare a torno, a torno vada: vegga Inghelterra, Ongheria, Francia e Spagna; a me piace abitar la mia contrada. Visto ho Toscana, Lombardia, Romagna, quel monte che divide e quel che serra Italia, e un mare e l’altro che la bagna. Questo mi basta; il resto de la terra, senza mai pagar l’oste, andrò cercando con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra; e tutto il mar, senza far voti quanto lampeggi il ciel, sicuro in su le carte verrò, più che sui legni, volteggiando.”

Ludovico Ariosto, Satire II

Il Boiardo Abbandonato
Il Boiardo Abbandonato

IL BOIARDO ABBANDONATO

Statua di Matteo Maria Boiardo

Giardini Pubblici, Reggio Emilia

“Chè nulla trova più che arder mi possa La fiamma che m’ha roso i nervi e l’ossa E senza nutrimento vive ancora.

Sarà quel giorno mai ch’io veda estinto Questo fuoco immortal ?”

Matteo Maria Boiardo, Canzoniere,104

Il Reticolo di Durer
Il Reticolo di Durer

IL RETICOLO DI DŰRER

Statua di San Venerio

Facciata del Duomo, Reggio Emilia

“…non sono le onde che lui intende guardare, ma un’onda singola e basta: volendo evitare le sensazioni vaghe, egli si prefigge per ogni suo atto un oggetto limitato e preciso…Siccome ciò che il signor Palomar intende fare in questo momento è semplicemente vedere un’onda, cioè cogliere tutte le sue componenti simultanee senza trascurarne nessuna, il suo sguardo si soffermerà sul movimento dell’acqua che batte sulla riva finché potrà registrare aspetti che non aveva colto prima; appena s’accorgerà che le immagini si ripetono saprà d’aver visto tutto quel che voleva e potrà smettere”.

Italo Calvino, Palomar

Come l'Acqua che Scorre
Come l’Acqua che Scorre

COME L’ACQUA CHE SCORRE

Monumento funebre dei Concordi

Giardini Pubblici, Reggio Emilia

Munazia e Concordia, madre e figlia, ricche liberte borettesi del I secolo d. C. L’una  e l’altra, col rovente calmistro hanno acconciato i capelli, ricci la ragazza e ondulati la donna. Nell’eterno gioco dell’effimera bellezza, da duemila anni,  sguardi tranquilli posati sul lento fluire del Po.

FOTOGRAFIE DI VIGLIO FERRARI FOTOGRAFO IN COLLABORAZIONE CON VINCENZO CAVANDOLI

libreriaemporium@gmail.com 0522 432461

stampa RHO su tele 50×70 cm